Di Carlo Turri si può scrivere moltissimo; una miniera di cose belle e interessanti, destinate a restare.

Carlo ha regalato alla sua città il restauro di monumenti e vestigia, che nessun vandalo potrà mai scalfire né imbrattare. Dalla Cattedrale a Casa Barnekow, da Palazzo d’Iseo ad archi e vicoli, ogni buongustaio (nel mondo) conserva in casa o nello studio la prova dell’amore vero di un artista altrettanto vero, per la sua città. Per onorare e trasmettere al mondo i tesori di Anagni, per curare le sue radici, ha usato le radici che la Natura pone generosamente a disposizione di chi sa capirlo. Quando le ombre del maledire, gli effetti di bordate di fango o l’apatia dei suoi amministratori relegano la Regina degli Ernici nelle buie segrete, le opere di Carlo ne rivendicano la storia ed il ruolo. Come attore, Carlo non era il pappagallo obbediente a chi voleva imporgli testi e virgole: la sua creatività lo poneva al di sopra degli schemi, e delle regole. Un altro, grande regalo, Carlo lo ha fatto ad alcuni, forse a molti: ha chiesto a Geronimo di non scrivere cosa lui pensasse di loro.

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Il testamento di Carlo